Nel mese di Ottobre ciascun adulto italiano ha speso 44.58 euro per la propria spesa alimentare settimanale; il dato, riguardante la città di Bologna, risulta dall’indicatore carocibo, elaborato dalla Facoltà di Agraria dell’Università di Bologna in collaborazione con Last minute market ed Econometrica, società di studi economici e comunicazione, proprio per monitorare l’incremento dei prezzi alimentari.
L’aumento registrato è dello 0,54% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso e il prezzo della spesa è stato calcolato in base al fabbisogno calorico medio di un maschio adulto, pari cioè a 2300 calorie al giorno. “Poco male!” starete pensando “non si tratta di un aumento tanto scandaloso”; e invece no! Vediamo perchè: nell’ultimo anno l’indice Istat dei prezzi al consumo per l’intera collettività è aumentato solo dello 0.30%, ne consegue che per i generi alimentari si registra un aumento dei prezzi maggiore degli altri beni di consumo a fronte di un calo dei costi di produzione.
In questo senso è particolarmente significativo il caso del riso che, sempre secondo i dati Carocibo, ha avuto un crollo del 30% delle quotazioni alla produzione ma il cui prezzo di vendita al pubblico è aumentato di oltre il 7%. Il motivo di tutto ciò? Secondo Andrea Segrè, preside della Facoltà di Agraria bolognese, la causa di tutto ciò è da ricercarsi nel funzionamento della filiera produttiva italiana che mostra il suo punto di debolezza nell’eccessiva parcellizzazione delle imprese di produzione e trasformazione.
E Bologna, con le sue 44 euro pro-capite, non è la città in cui la spesa è più cara; il dato, rilevato per ogni capoluogo di provincia, mostra come la città più cara sia Aosta (51,87 euro) seguita da Genova e Venezia. Fra le citta meno care Perugia, dove di euro ne bastano poco più di 30, Bari e Trento.
E se a tutto questo aggiungiamo che nel mondo milioni di persone vivono con un euro al giorno e, ancor peggio, che gettiamo via il 50% di ciò che acquistiamo…fate voi!