Martedì 20 luglio 2010 una sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito che una casalinga debba essere tutelata in caso di infortunio a 360 gradi sia con il risarcimento del danno biologico, sia con il risarcimento del danno patrimoniale anche se la donna in questione ha la possibilità di tenere in casa una colf. Questo è quanto stabilito dalla sentenza in riferimento al caso di una donna che aveva riportato alcune ferite molto gravi in un incidente stradale. Al Tribunale, per la precisione quello di Trento, la donna aveva chiesto sia il danno biologico, sia quello patrimoniale, chiedendo che quest’ultimo le fosse riconosciuto, ponendo sullo stesso piano il lavoro svolto dalla casalinga e quello svolto da un dipendente di un’azienda. Sebbene, difatti, le casalinghe non svolgano un’attività a cui corrisponde un reddito, il loro lavoro è ugualmente suscettibile di una valutazione economica, inoltre non bisogna dimenticare che l’ incidente potrebbe inpedire o rendere comunque molto difficile per la signora trovare un ipotetico lavoro da dipendente in futuro.
Il Tribunale ha quindi riconosciuto alla donna il risarcimento da lei chiesto, nonostante disponesse di una situazione economica tale da avere in casa una collaboratrice domestica. In pratica, è stata estesa alla signora (e, sicuramente, in futuro anche alle altre casalinghe coinvolte in episodi analoghi) la speciale tutela prevista per i lavoratori: se un incidente riduce la capacità lavorativa dell’ individuo, questi ha diritto a farsi risarcire sia per il danno emergente subito che per tutti i mancati guadagni presenti e futuri a causa delle ferite riportate. Ciò che è sottolineato nella sentenza della Corte è che la donna ha sì il diritto al risarcimento patrimoniale anche se in casa vi è una colf, ma solo se i compiti della casalinga abbiano una maggiore intensità, ampiezza e responsabilità rispetto a quelli che sono a carico della collaboratrice.
In merito alla sentenza, il componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” dell’Idv, Giovanni D’agata, ha sottolineato che da un lato, per il risarcimento del danno biologico, si è fatto riferimento al principio della tutela della salute, mentre, in merito al danno patrimoniale, il Tribunale ha sancito che fosse giusto concedere il risarcimento, nel caso specifico della donna, considerandone il reddito figurativo, ed appellandosi ai principi della Costituzione, principi che tutelano qualunque forma di lavoro ed, in più, i diritti della donna lavoratrice.