Si estende in tutta Europa lo sciopero dei pescatori, fino ad arrivare nei porti più remoti della nostra penisola. Ne è un esempio Molfetta, dove i pescatori riuniti in un comitato lotta hanno occupato il mercato ittico della città, nei pressi della banchina del porto, e hanno chiesto l’intervento del sindaco in modo che arrivino al Governo le loro richieste per far fronte alla crisi dovuta al caro gasolio.
Anche i pescatori del sud pontino, oltre cento, hanno scioperato lasciando le imbarcazioni ormeggiate nei moli di Terracina, Formia e Gaeta. Il risultato delle proteste: ristoranti per lo più sbarrati e una pescheria rionale su tre chiusa. Il pesce che si trova è di allevamento, decongelato o di importazione, con prezzi al consumo aumentati tra il 20 per cento e il 30 per cento, a seconda delle specie.
A tavola, poi, mangiare una frittura di paranza fresca di pesce ‘made in Italy’ è diventato praticamente impossibile. Lo sciopero dei pescatori contro il caro gasolio ormai va avanti da una settimana e finora è costato agli addetti ai lavori circa 28 milioni di euro di mancati introiti.
Secondo le associazioni dei consumatori, ogni pretesto è buono per aumentare i prezzi e le speculazioni ormai sono all’ordine del giorno. Lo sciopero dei pescatori contro il caro gasolio, però, continua: “dobbiamo continuare per non vanificare i sacrifici dei pescatori”.