Qualche tempo fa vi avevamo parlato del tentennamento del Unione Europea sulla richiesta degli Stati Uniniti di eliminare il veto sull’importazione di pollo alla varechina. Nella giornata di ieri 22 paesi membri, su iniziativa francese, tra i quali l’Italia hanno deciso di fermare la decisione della Commissione Europea di impegnarsi a proporre entro giugno un cambio nella legislazione comunitaria volto a permettere sia l’importazione che la produzione in Europa di carne di pollo “trattata al cloro”.
Questo quando dice la Coldiretti, che prosegue affermando che la commissione europea, non può certo ignorare la volontà della maggior parte degli stati membri, che esprimono contrarietà rispetto ad un via libera preoccupante per i rischi per la salute, per l’ambiente e la fiducia dei consumatori, assunto nell’ambito del secondo incontro del Consiglio Economico Transatlantico (Tec) tra Unione Europea e Stati Uniti.
Durante l’ultima riunione dei ministri dell’agricoltura, sono state espresse preoccupazioni, per quanto concerne l’utilizzo di sostanze antimicrobiche per la decontaminazione della carne di pollo , su iniziativa francese condivisa e sostenuta da altre 21 delegazioni : Italia, Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Olanda, Estonia, Finlandia, Germania, Grecia, Ungheria, Irlanda, Lettonia, Lussemburgo, Portogallo, Romania, Spagna e Svezia.
La proposta della Commissione prevede sia la possibilità di importare dagli Usa che di produrre in Europa polli trattati con bagni di antimicrobici ovvero la varechina. Questo tipo di trattamento come già detto solleva molti interrogativi, per possibili reazioni chimiche, variazioni del gusto e effetti tossici. Gli interessi della diplomazia – continua la Coldiretti – non possono sopraffare le ragioni dei consumatori europei che chiedono all’Unione di garantire la trasparenza e la sicurezza soprattutto in un settore come quello alimentare determinante per la salute dei cittadini. L’Italia, che è autosufficiente nella produzione di polli, non ha alcun motivo per promuovere altri sistemi di lavorazione, che inoltre riducono le garanzie di un settore già pesantemente penalizzato dalla crisi dell’influenza aviaria.
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