Si è alzato un polverone attorno alla diffusione dei redditi online, come avviene sempre in Italia, per la responsabilità si gioca molto a scarica barile. Ma oggi cerchiamo di capire cosa è successo. Tutto è nato dal post di Alberto Falossi, il 30 aprile, inizia il tam tam mediatico e subito questa notizia schizza in prima pagina nei principali siti di social news, e dei quotidiani online. E mentre nella rete si sprecavano i commenti, di chi era a favore e di chi era contro questa pubblicazione, il garante chiedeva all’agenzia delle entrate di sospendere la pubblicazione dei dati.
Questi però punto primo erano già stati scaricati da molte migliaia di persone, e punto secondo, di conseguenza, erano stati resi disponibili su fonti alternative quali emule. Ieri il garante per la privacy in una lettera al quotidiano laRepubblica, ha parlato di un grave errore, stessa posizione del garante del contribuente. Intanto il Codacons ha avanzato come ho detto ieri una richiesta di maxi risarcimento, anche se giustamente qualcuno ha fatto notare che i soldi chiesti come risarcimento verranno presi dalle nostre tasse. Sempre nella giornata di ieri, l’Agenzia delle Entrate ha dichiarato in una nota che “la diffusione dei dati reddituali con modalità telematiche da parte dell’autorità pubblica costituisce un elemento di garanzia, trasparenza e affidabilità dell’informazione“.
Inoltre sempre nella nota viene detto che, le informazioni che abitualmente pubblicano i giornali, generalmente legate alla posizione tributaria di personalità pubbliche, sono comunque per lungo tempo consultabili sulla rete. Il garante intanto continua a tuonare contro l’agenzia delle entrate in quanto secondo il suo presidente, Pizzetti: “È abissale la differenza tra la disponibilità dei dati fiscali presso i comuni, come prevede la normativa, e la loro immissione indiscriminata in Internet.
Un dato messo in rete, specialmente con le modalità del sito web adottate in questo caso, è conoscibile in tutto il mondo, da chiunque, può essere usato per le finalità più diverse, modificato, cambiato, falsificato. Può entrare nei motori di ricerca e restare per sempre, magari manipolato, nel curriculum di una persona”. Intanto è stata aperta un indagine da parte della magistratura per capire se la diffusione dei dati è stata corretta o meno e in questo caso chi ha sbagliato. E’ probabile che nei prossimi giorni sia il viceministro uscente dell’Economia, Vincenzo Visco, sia lo stesso Romano vengano sentiti per esporre la loro versione dei fatti. Mi sorprendo davanti a questa che viene definita trasparenza, concetto che tutti i governi precedenti si sono dimenticati quando in ballo c’erano le intercettazioni telefoniche. E ancora di più, non sono contrario alla pubblicazione dei redditi, ma ci deve essere un motivo specifico per accedere a questo tipo di dati. Carta d’identità e motivazione, invece con i redditi online tutto il mondo per curiosità potrà controllare quanto guadagno.
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