Indicazioni interessanti per approcciare al meglio tematiche così delicate
Le criptovalute hanno una storia molto breve, e sono ancora circondate da molti interrogativi. Non tanto per la notorietà assunta a livello di pubblico, ma per come devono essere considerate da un punto di vista finanziario, legale e fiscale, dato che si tratta di uno strumento totalmente nuovo e diverso da tutti quelli precedenti.
E nonostante il grande sviluppo delle cripto a livello mondiale, il mondo tradizionale della finanza stenta ancora a rapportarsi alle criptovalute come Bitcoin, Ethereum e altre, in modo organico e comune – che è una delle sfide più grandi della loro omologazione. È sempre più necessaria la creazione di un rapporto di scambio con le valute tradizionali chiaro e definito, come Bitcoin Eur, così come con gli altri strumenti finanziari, realizzato in un contesto trasparente e organizzato, perché le cripto possano essere finalmente accettate da tutti.
Le criptovalute e il loro status
I diversi paesi del mondo, messi di fronte a questo nuovo strumento, hanno reagito, come era prevedibile, in modo scomposto, senza adottare una strategia comune, originando quindi un sistema di regolamentazioni molto frammentato. Esistono paesi dove le criptovalute sono illegali – e questi comprendono, come prevedibile, i paesi con i regimi più autoritari del pianeta, come Cina, Russia, Vietnam, Bolivia, Colombia ed Ecuador.
Al contrario, ne esistono altri che hanno adottato entusiasticamente le cripto, utilizzandole come moneta in corso legale, come per esempio El Salvador e la Repubblica Centrafricana. La cosa curiosa è che nessuno dei due possiede una valuta nazionale.
Gli esperti internazionali però considerano le valute digitali come il Bitcoin più vicine alle azioni che non alle monete “fiat”. E questo è la motivazione che porta la maggior parte dei paesi mondiali ad applicare alle criptovalute le regole esistenti che disciplinano le transazioni di asset quali le azioni – e la relativa tassazione.
La situazione in Italia
In Italia, il dibattito che coinvolge le cripto è diventato più serrato negli ultimi anni, con diverse proposte per modificare la legislazione attuale, che equipara le cripto alle valute estere, e prevede l’applicazione di un’imposta del 26% sulle plusvalenze realizzate sulle criptovalute, con una franchigia che protegge i piccoli investitori.
Nello specifico, si applica solo sul controvalore eccedente la soglia di 51.645,69 euro, che deve essere determinato quando viene detenuto per almeno sette giorni lavorativi consecutivi, in base al cambio dell’euro all’inizio del periodo d’imposta. Ma dato che le cripto hanno fluttuazioni repentine e improvvise, si comprende subito che questa soluzione non è particolarmente agevole da monitorare.
Cosa prevede il recente DDL sulle criptovalute
Un nuovo DDL presentato in Senato si rifà a un documento di indirizzo dell’Unione Europea che dovrebbe definire i mercati delle criptovalute, e prevede una soluzione molto più “morbida” sia sulle aliquote che sugli adempimenti necessari per l’investitore.
Intanto, le aliquote ipotizzate vanno dall’8% al 10% – con un risparmio netto del 60% circa rispetto alla situazione attuale, conservando l’attuale esenzione dalla tassazione fino ai 51.000 Euro, e la tassazione viene determinata solo alla vendita degli asset (e non all’acquisto, come accade in altri prodotti finanziari).
Gli effetti di questa “rivoluzione”
Una simile situazione libererebbe i piccoli investitori da mille cavilli burocratici, e conferirebbe all’investimento in cripto una convenienza non riscontrabile in altri strumenti (eccetto i buoni del tesoro). In questo modo, stimolerebbe un robusto interesse per questi strumenti soprattutto da parte dei piccoli risparmiatori.
Questo effetto a cascata potrebbe, sul medio-lungo periodo, avere dei risultati positivi anche sugli introiti delle imposte: è ormai assodato che spesso la riduzione delle tasse fa registrare un incremento sulle entrate tributarie, che così spesso aumentano invece di diminuire come potrebbe apparire naturale.
In realtà, tasse più basse sono il migliore strumento per combattere l’evasione fiscale, perché spingono i contribuenti verso un comportamento virtuoso. Speriamo quindi che questo DDL, oggi sospeso fino alla prossima legislatura, possa riprendere il suo corso legislativo al più presto.