È difficile da comprendere il motivo per cui il prezzo del petrolio continui a scendere e, al contrario, il costo della benzina non sia ancora calato in maniera proporzionale. Infatti, la frenata della materia prima dovrebbe portare inevitabilmente ad un taglio pari ad almeno 25 centesimi ulteriori sulla benzina e altri 16 centesimi sul gasolio.
Il prezzo benzina non scende in Italia, come è possibile?
In un momento molto particolare legato all’emergenza Coronavirus, però, è chiaro che sia le compagnie petrolifere che i gestori esprimono una netta preferenza, che spiega molto facilmente il motivo per cui il prezzo al litro della benzina non sia sceso a sufficienza: c’è la volontà di tenere i guadagni e girarne solamente una parte ai consumatori.
Il prezzo del petrolio è probabilmente una delle cose che ha fatto più scalpore nell’ultimo periodo, crollando sul serio. Tutto questo ha portato a pensare come anche il costo della benzina e del gasolio sarebbe dovuto scendere di conseguenza nei vari distributori.
E, con grande sorpresa degli italiani, lo scenario è completamente diverso da quello che si era prospettato. L’emergenza Coronavirus ha portato una vera e propria stangata per la quotazione del barile, facendola scendere del 59,6% a partire dal 20 febbraio in poi, ovvero la data in cui è stato individuato il primo contagio in quel di Codogno.
Nel medesimo periodo, il costo medio di un litro di verde sul territorio italiano, stando ai dati diffusi da parte dell’Osservatorio del Mise, è calato solo del 5,2%, mentre quello di un litro di diesel ha subito un ribasso pari al 5,8%.
Ci sono diverse risposte a questa domanda: se buona parte della risposta è legata al costo fisso delle accise, parzialmente si riferisce alla compartecipazione delle perdite delle più importanti compagnie petrolifere, che stanno provvedendo anche ad applicare dei tagli ai vari programmi di investimento per il futuro più prossimo.
In Italia, purtroppo, il prezzo della benzina, così come quello del gasolio, è correlato solamente parziale al costo industriale (una percentuale pari al 21%) e a quello commerciale (intorno al 9%). A pesare più di ogni altra cosa è la parte fiscale, rappresentata da accise e dall’IVA, incidendo per qualcosa come il 60% del suo prezzo, poco più oltre ad un euro, mentre la parte restante, intorno al 40%, si deve imputare al prezzo industriale e a quello commerciale, ovvero il compenso che finisce in mano ai gestori. L’IVA va a pesare in maniera proporzionale in relazione al prezzo per una determinata percentuale.