Tra qualche giorno riprenderanno le lezioni nelle Università italiane. Tante sono state le iscrizioni ai vari corsi di laurea proposti, e tante sono le tasse da pagare per prendere appunti fra i banchi universitari. In molti, però, non avranno l’opportunità di iscriversi, almeno per quest’anno, perchè la quota prevista da alcune università per la tassa d’iscrizione è troppo alta, e non tutte le famiglie sono in grado di concedere ai propri figli il “diritto” allo studio. Il divario tra le famiglie è molto evidente tra Nord e Sud. Al meridione conviene di più laurearsi perchè si può risparmiare sulle tasse universitarie, mentre al settentrione il fatidico “pezzo di carta” può costare davvero un patrimonio. E’ la Federconsumatori ad informarci di questa grande disparità: Parma è l’ateneo più caro, con una retta di 865,52 euro annui per le facoltà scientifiche e di 740 per quelle umanistiche.
Subito dopo c’è Milano, dove servono in media dai 685 ai 789 euro, rispettivamente per le facoltà umanistiche e scientifiche. Uno studente che appartiene alla fascia di reddito più bassa, fino a 6000 euro, spende il 13,31% in più per iscriversi in una facoltà del Nord. Per chi dichiara il massimo invece, la differenza arriva al 31,92%. Gli atenei più economici risultano essere Bari e Bologna; nel primo, si applica un criterio di merito per calcolare la retta dovuta. Se uno studente dichiara un reddito minimo, ma ha una media bassa o si trova in ritardo con gli esami rispetto al piano di studi, dovrà pagare tasse maggiori rispetto a un collega con lo stesso tenore di vita ma più diligente. Nel secondo, gli studenti con un reddito inferiore ai 20mila euro pagano il 55% in meno rispetto alla media nazionale.
Un’ingiustizia assoluta riguarda poi lo “strano” caso dei figli di commercianti, albergatori, gioiellieri, che si ritrovano a pagare la stessa somma o addirittura una inferiore rispetto ai figli, ad esempio, di impiegati statali o operai, che devono dichiarare tutto e che si trovano, in graduatoria per le borse di studio, sorpassati da persone che economicamente non hanno alcun problema, a parte l’avere dei genitori che dichiarano reddito minimo togliendo così il diritto alla borsa di studio o all’alloggio a chi, davvero, ne avrebbe bisogno. Una Nazione democratica dovrebbe permettere ai ragazzi diligenti, volenterosi, in grado di apportare benefici al patrimonio culturale, di frequentare l‘università se questi non fossero in grado di farlo con le proprie risorse. E controlli adeguati non portebbero ad una situazione simile di ingiustizia.